Federico Daniele Albert

Fin da bambino, il perbenismo che avvolgeva la mia esistenza fino a renderla conforme a tutte quelle delle persone che mi circondavano, lasciava spazio ad una domanda ricorrente ed insistente: dietro alla facciata, cosa si nasconde? La classe medio-borghese nella quale la mia famiglia era stabilmente collocata, mostrava una copertina patinata, elegante, ammantata di buone maniere. Quando, però, mi accadeva di frequentare più assiduamente le case dei miei coetanei, mi accorgevo di ben differenti realtà famigliari, filtrate tra le strette maglie di un comportamento “da manuale”. Ecco che allora uscivano allo scoperto le fragilità, le debolezze, che davano la misura di una vita totalmente differente, spesso addirittura stridente con il comportamento convenzionale che avevo conosciuto. Per tutta la vita (almeno fino ad ora), anche grazie al mio lavoro di albergatore che mi porta a conoscere migliaia di persone nel momento del distacco dagli obblighi di facciata, ho osservato la gente che mi circondava. Era difficile scoprire i lati privati di quelle esistenze, ma provavo ad immaginare quali segreti si celassero dietro ai comportamenti quotidiani. L’esercizio diventava più facile con le persone totalmente sconosciute. Un tratto somatico, un gesto ricorrente venivano nella mia mente catalogati ed affiancati alle migliaia di tratti somatici, di gesti ricorrenti fino a comporre una sorta di catalogo umano. Il riconoscere immediatamente un carattere da poche indicazioni, mi consentiva un più facile approccio con i miei interlocutori ed una strada tutta in discesa nei rapporti interpersonali. Da questa abitudine di osservare è nato un personaggio, la vedova Sper, che ha un’età sufficientemente avanzata per potersi dedicare interamente alla scoperta dei piccoli vizi e virtù del suo prossimo, trasfondendo in lei le mie necessità di curiosità. Lea Moreschi non è un personaggio interamente inventato. Ho preso a prestito il corpo di una mia anziana ed amatissima zia, sottolineando le sue fragilità ma donandole una forza ed una caparbietà che nella persona reale non sono mai potute emergere. Insomma, le ho concesso una riscossa postuma sulla sua vita. La vedova Sper vive tra noi, è la vecchietta che si trova in coda dietro di noi alla Posta, ci chiede informazioni al supermercato, ci guarda dal suo balcone. Ma soprattutto è la curiosità fatta a persona. Con la sua rete di informatori volontari o involontari, l’anziana donna è capace di venire a conoscenza dei più nascosti segreti delle persone che le interessano. La sua curiosità non è malevola. Vuol sapere, per poter condividere gioie ed emozioni, dolori e passioni. Nella prima storia, “Le due gemelle” le co-protagoniste sono due donne che attirano la sua curiosità per la loro incredibile bruttezza ma soprattutto per un comportamento incomprensibile: tutti i giorni percorrono la stessa strada per andare al cimitero, senza rivolgersi la parola, con due mazzi di fiori. Mossa (sarebbe più appropriato dire “morsa”) dalla curiosità, l’anziana vedova vuol conoscere il loro segreto e farà di tutto per entrare nelle loro vite. Nel romanzo successivo, “L’inquilino scomparso” la vedova Sper entra in un appartamento appena acquistato dal nipote, e scopre che l’inquilino precedente ha lasciato tutto in casa. L’immagine che la coglie al suo ingresso è di una casa abbandonata di fretta, l’istantanea di un’esistenza senza il filtro delle convenzioni. Lea Moreschi comincerà le ricerche, senza il supporto di alcuna notizia precisa ma solo chiedendo, informandosi presso le persone che l’inquilino ha frequentato, fino a ricomporne l’esistenza e giungere fino a lui. Il terzo racconto prende l’avvio dal termine del secondo, davanti ad un sepolcro abbandonato, sporco, dimenticato. Lea si accorge che il nome inciso sulla lapide è quello di una sua compagna di scuola di sessant’anni prima. Lo stupore e lo sgomento che l’assalgono non sono tanto legate all’idea della prematura dipartita dell’amica, quando al fatto che la donna apparteneva ad una famiglia molto agiata, era sempre circondata da una moltitudine di amici, impegnata in attività sociali, culturali e soprattutto mondane, immagine che strideva al confronto di quella tomba dimenticata. Perché finire in un piccolo cimitero di un paesino sperduto, con il solo nome inciso sulla lapide, senza neppure una parola di compianto? La curiosità dalla vedova ha il sopravvento e le fa dimenticare i suoi obblighi nei confronti dell’amica Mimma, che abbandonerà per qualche tempo nella nuova casa di campagna a seguire i lavori di manutenzione mentre lei, pervasa dal sacro fuoco, tornerà a Milano per riannodare i fili di quella parte della sua vita che si erano spezzati con la guerra e le discriminazioni razziali. Nasce così “La vedova Sper al club delle badanti”, una ricerca nel tempo e nello spazio che la porta a ritrovare le vecchie compagne di scuola, gli ambienti che frequentava tanti anni prima, personaggi speciali e pittoreschi che vivono mischiati tra la folla. Nel quarto romanzo, “La tana della memoria”, l’anziana vedova viene improvvisamente catapultata nel passato remoto dal ritrovamento di un diario, che era stato ben nascosto in un piccolo anfratto di un locale di servizio nel grande Collegio Daviso, proprio nello stesso luogo ove lei, piccola studentessa, aveva nascosto il suo, lontano dagli occhi censori delle istitutrici. Dalla lettura di quel libretto emergono la vita, le emozioni e le angosce di una giovanissima collegiale, che racconta al suo diario l’esperienza di una vita tranquilla, minata dalla presenza sempre più invadente di un patrigno morboso, delle sue inopportune attenzioni, della violenza che si fa sempre più palese nei confronti della bimba. La vedova Sper vive con angoscia la lettura di quei racconti, e pagina dopo pagina partecipa emotivamente al lento scivolare della ragazza nella tela del ragno predatore. Con i suoi amici di sempre, la lettura diviene appassionante, spesso dolorosamente coinvolgente, tanto da far sentire ai partecipanti la necessità improrogabile di sapere qualcosa che vada oltre le pagine bruscamente interrotte. Comincia così la ricerca della piccola Lucrezia, a quarant’anni dall’ultima annotazione sul suo diario, seguendo le sue tracce dalla scuola e poi nel mondo, per un imperativo bisogno di verità, di presenza, di condivisione ed empatia ma soprattutto per conoscere il divenire di quella giovane vita intrappolata nelle maglie di un’odiosa violenza.